I giudici, in questa interessante sentenza ritengono che, alla luce della decisione dei giudici della Consulta n. 213/2016, i permessi lavorativi di cui alla legge n. 104/1992, siano soggetti ad una duplice lettura: “a) vengono concessi per consentire al lavoratore di prestare la propria assistenza con ancora maggiore continuità; b) vengono concessi per consentire al lavoratore, che con abnegazione dedica tutto il suo tempo al familiare handicappato, di ritagliarsi un breve spazio di tempo per provvedere ai propri bisogni ed esigenze personali.” E dicono ancora i giudici: “L’agevolazione consiste nel fatto che il beneficiario del permesso ha a disposizione l’intera giornata per programmare al meglio l’assistenza in modo tale da potersi ritagliare uno spazio per compiere quelle attività che non sono possibili (o comunque difficili) quando l’assistenza è limitata in ore prestabilite e cioè dopo l’orario di lavoro”. Detto ciò è ovvio che l’assistenza deve comunque esserci e pertanto la Corte detta questo principio di diritto: “Colui che usufruisce dei permessi retribuiti ex art. 33 L 104/1992, pur non essendo obbligato a prestare assistenza alla persona handicappata nelle ore in cui avrebbe dovuto svolgere attività lavorativa, non può, tuttavia, utilizzare quei giorni come se fossero giorni feriali senza prestare alcuna assistenza alla persona handicappata. Di conseguenza risponde del delitto di truffa il lavoratore che, avendo chiesto ed ottenuto il permesso di poter usufruire di quei giorni di permesso retribuiti, li utilizza per recarsi all’estero in viaggio di piacere, non prestando quindi alcuna assistenza”.
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