Lettera aperta che l’Anmic (associazione nazionale mutilati e invalidi civili) della provincia di RIMINI dedica a tutti candidati sindaci nei comuni impegnati nelle prossime elezioni amministrative del 5 giugno, ma non solo.
Ai candidati sindaci e a tutti i sindaci dei comuni della Provincia di Rimini.
Partiamo da ciò che è ovvio: nel mondo dei “non disabili”, per regolare i rapporti tra le persone, una comunità si dota di leggi e norme che riguardando l’intera collettività, sono universali. Qui la priorità è la comunità.
Nel mondo della disabilità, che è una dimensione della vita, la norma deve invece essere soggettiva, perché i bisogni sono soggettivi ed è quasi impossibile tramutarli in norme di valore più universale.
Di conseguenza occorrerebbe che la parte normodotata della società prendesse atto che per tutelare la vita dell’uomo invalido occorre assumere il suo progetto di vita individuale. E che le norme, le strutture riferite a questo progetto di vita diventino prioritarie rispetto alle leggi del normodotato e non, come avviene ora, il contrario.
Il tutto nella logica del minore, di chi esprime maggiori bisogni. L’uomo è quindi al centro dei bisogni, sempre in evoluzione, per affrontare i quali utilizza strumenti e servizi anche collettivi. Ponendo l’attenzione alle Disabilità le si porta, di conseguenza, sulla intera società, senza esclusione alcuna.
Da queste considerazioni devono poter prendere avvio Progetti di vita individuale che abbiano come linee guida le autonomie e le competenze soggettive, quello cioè che una persona riesce a fare e quello che sa fare. Sforzo di tutta la società dovrà essere il ricollocare i progetti di vita individuali rispetto al territorio e alle singole comunità. Per questo, nell’indirizzarci a quanti si sono messi in gioco in vista delle prossime elezioni per amministrare nei prossimi anni le nostre città, riteniamo imprescindibili l’attenzione e la sensibilità che dovranno essere poste nell’organizzare i nostri territori e il vivere delle nostre comunità nell’ottica dei progetti di vita individuali espressi da quanti necessitano di maggiori risposte per i loro bisogni.
Ci sostiene, nel proporre queste considerazioni all’attenzione dei candidati sindaci e dell’intera comunità riminese, la convinzione che il dolore non ha rappresentatività partitica e men che meno una differenziazione di merito specialistica, determinata cioè dalla differenza tra le varie patologie e la constatazione che l’invalido non è mai una persona sola ma, accanto a lui, c’è sempre una famiglia, una comunità.
Il mondo della Disabilità nella provincia riminese (circa 340.000 abitanti) coinvolge direttamente, investite a vario titolo, oltre 40 mila persone con invalidità civile (media italiana 7 persone su 1.000), circa 1 famiglia su 10 conta 1 componente con limitazioni funzionali. Le origini dell’invalidità sono diverse: patologica, accidentale, incidentale. A queste origini si aggiunge quella anagrafica: la quota della popolazione over 64 anni che conta circa 75 mila persone (circa il 22% della popolazione). I cittadini della provincia riminese che rientrano tra i bisogni espressi dalla disabilità sono così circa 115 mila.
Ferme restando le risposte ai bisogni, che pure esistono, riteniamo necessario oggi che ci si attivi in termini innovativi per riprogettare il mondo della Disabilità e dell’assistenza, riconsiderando in ragione della dignità e non della diversità, il concetto di sussidiarietà, che dà risposte solo effimere a bisogni che sono reali e permanenti. Occorre, in ultima istanza, riparametrare i servizi passando dal concetto di diversità a quello di normalità, perché se un servizio è pubblico deve infatti essere tale per tutti, equamente distribuito sul territorio.
Occorre sviluppare infine progetti non per l’oggi ma per il futuro, nell’ottica di una società migliore.
Si ha il coraggio di scollegarsi da superate visioni e di immaginare una possibile nuova realtà? Perché solo così passeremo da un status riformatore ad uno status di innovazione con la convinzione che non c’è speranza nel futuro se non c’è fiducia nel presente.
Concludiamo la lettera con i ringraziamenti al Terzo settore e al volontariato non istituzionalizzato, determinato dalla sensibilità civica e della volontà dei singoli “senza i quali la qualità sociale sarebbe ben poca cosa” e “auspicando un risveglio delle coscienze e una elevazione delle consapevolezze.
ANMIC RIMINI